Le proprietà di questa pianta erano note agli antichi che ne estraevano olio etereo tramite distillazione. Pare siano stati gli Egizi i primi ad utilizzarlo in medicina avendo capito che l’anetolo, ovvero l’essenza dell’anice, oltre ad avere aroma accattivante e potere dolcificante molte volte maggiore rispetto al normale saccarosio, aveva proprietà stomachica, carminativa, antispasmolitica ed espettorante.
Probabilmente originaria del Mediterraneo orientale la pianta è divenuta spontanea in quasi tutto il bacino e in Italia (si pensa portata originariamente dagli arabi in Sicilia) viene ancora coltivato nelle Marche, in Abruzzo e anche in Puglia. Ha un ciclo di vita annuale e produce i suoi piccoli frutti della dimensione di chicchi di riso (circa 4 mm.), di color verde grigiastro, nel periodo di agosto, circa un mese dopo la fioritura.
Lo stesso Carlo Magno, nel “Capitulare de Villis” (i capitolari erano il principale strumento di governo utilizzato nel Medio Evo per regolare moltissime questioni, dalla vita pubblica, all’agricoltura, dalla politica economica, alle scuole) emanato nel 770 d.C. dettava:
“Volumus quod in horto omnes herbas habeant, id est lilium, rosas, fenigrecum, costum, salviam, rutam, abrotanum, cucumeres, pepones, cucurbitas, fasiolum, ciminum, ros marinum, careium, cicerum italicum, squillam, gladiolum, dragantea, anesum, [… omissis … ].” | “Vogliamo che nell’orto sia coltivata ogni possibile pianta: il giglio, le rose, la trigonella, la balsarnita, la salvia, la ruta, l’abrotano, i cetrioli, i meloni, le zucche, il fagiolo, il cumino, il rosmarino, il careium, il cece, la scilla, il gladiolo, l’artemisia, l’anice, [… omissis … ].” |
Leonard Fuchs, uno dei padri fondatori della botanica, nel suo erbario “Historia Stirpium” del 1542 afferma che “il seme d’anice rende l’alito lieve e profumato. Utile come dissetante, impedisce il gonfiore di stomaco. Fa produrre più latte alle donne e stimola il desiderio concupiscente. Questo seme fa del cibo un piacere.”
La coltivazione dell’Anice Verde in Italia raggiunse l’apice grazie al diffuso utilizzo nell’industria alimentare tra la fine del secolo scorso e il dopoguerra, e principalmente nell’ambito dolciario e dei liquori. Lo stesso Gabriele D’Annunzio nella poesia Otre, una delle 88 liriche dell’Alcyone, recita: “Acqua di cieli, acqua di fonti eterne contenni, acqua di rivoli e di botri, dolci acque e fresche ma di odor caprigno sapide tuttavia, sì che talvolta le femmine entro me chiusero molta menta e il seme dell’ànace fortigno.”
In questo passaggio l’autore, impersonando un otre, ovvero una bisaccia di pelle per contenere l’acqua, evidenzia come le donne, talvolta, fossero solite aggiungere menta o anice all’acqua per coprire altri odori di disturbo.
La storica Anisetta Meletti deve il suo successo appunto all’utilizzo dell’anice verde e nello specifico all’ecotipo di Castignano, che, tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900, raggiunse gli 80 q.li di produzione annua.
L’Anisetta è citata anche nella letteratura cinematografica: il personaggio Johnny Ola, interpretato da Dominic Chianese nel film capolavoro “Il Padrino II”, in una delle scene iniziali, quando va a fare visita al Padrino Michael Corleone (Al Pacino), nella residenza di famiglia, in risposta al padrone di casa che gli offre un drink, esclama: “anisetta”. (Fonte: Wikipedia)
Purtroppo, l’evoluzione dei mercati ha portato ad una graduale diminuzione di questa tradizionale coltura, anche per effetto delle massicce produzioni provenienti dall’Asia e dal Medio Oriente. Ciò nonostante, grazie all’opera dei tenaci produttori locali e degli enti pubblici, che lavorano da diversi anni alla valorizzazione e quindi alla riscoperta dell’Anice Verde, sembra scongiurato il rischio di estinzione di questa eccellenza del Piceno.
Le Ricette di Eating Piceno:
thanks to Marina della Pasqua
L’ANICE VERDE DI CASTIGNANO E I TARALLI
thanks to Alessandro Gerbino
SQUAGLIO DI CIOCCOLATA DELLE CLARISSE DELLA SANTISSIMA ANNUNZIATA CON CIAMBELLINE ZUCCARINE
thanks to Fedora D’Orazio
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